La manipolazione affettiva: il narcisista col dipendente

La manipolazione è una modalità relazionale che consiste nel portare a sé un individuo, ossia fare in modo che l’altro faccia ciò che noi desideriamo, attraverso l’inganno e generando forti sensi di colpa.
Un manipolatore non comunicherà mai apertamente i propri bisogni e desideri all’altro, poiché teme di essere rifiutato e abbandonato, quindi escogiterà tutta una serie di menzogne e manipolazioni, per essere certo che l’altro farà ciò che lui desidera.

Tutti possiamo essere vittime di una manipolazione, quando incontriamo individui che non si curano dei nostri bisogni e in nome di una loro debolezza, ci raggirano per ottenere ciò che vogliono.
Per fare un esempio, il manipolatore desidera che l’altro stia sempre con lui a fargli compagnianon riesce a dirgli che ha bisogno del suo aiuto e che ha profondamente paura di stare da solo, e quindi per averlo accanto, metto in atto una serie di strategie psicologiche che gli assicureranno al 100% il risultato!
Tali strategie di solito sono:
1. Vittimismo: il manipolatore fa la vittima agli occhi dell’altro, tanto da suscitare in lui compassione e fare in modo che si preoccupi e corrisponda alle sue richieste. Per esempio: “Non fa nulla non venire, fai quello che vuoi, intanto io sono condannato ad essere solo e triste”.
2. Senso di Colpa: il manipolatore fa sentire la persona sbagliata se non si comporta come desidera, di conseguenza l’altro, fa ciò che il manipolatore vorrebbe, per non sentirsi inadeguato. Per esempio: “Non venire, divertiti, non è colpa tua se sono solo!
3. Menzogna: il manipolatore travisa consapevolmente le situazioni in modo da generare incomprensione e confusione nell’altro, che nel dubbio fa ciò che il manipolatore vorrebbe. “Mi avevi detto che saresti venuto (bugia) e invece come al solito resto solo”.
Chi è il manipolatore?
Di solito il manipolatore è una individuo (amico, parente, partner, collega di lavoro ecc.) con tratti di personalità narcisista, ossia una persona che ha vissuto talmente tanti “fallimenti empatici”, ossia non è stata vista, riconosciuta, accolta nei suoi bisogni e nelle sue emozioni, tante volte e in tante relazioni, che ha costantemente bisogno di riparare questa ferita, di essere visto poiché sente un forte vuoto affettivo.
Chi è la vittima della manipolazione?
Di solito la vittima è un individuo con tratti di personalità dipendenti che ha una bassa autostima e paura del giudizio altrui, ossia teme costantemente di essere giudicato inadeguato agli occhi dell’altro, e quindi per evitare ciò corrisponde sempre ai bisogni altrui.

E’ possibile spezzare questo incastro perverso?
In linea di massima è difficile che il manipolatore smetta di utilizzare le sue strategie manipolative, ma la vittima può fare molto per non cadere nella manipolazione.
La vittima può cominciare ad ascoltare i propri bisogni, ed imparare a legittimarli e rispettarli prima dei bisogni altrui, e questo può accadere quando si comincia a mollare l’”idea eroica” che senza di noi l’altro è destinato alla distruzione, poiché se l’altro soffre di un forte vuoto esistenziale non è di certo colpa nostra, ma possiamo ugualmente provare a stargli accanto mettendo chiari confinisenza soffocare i nostri bisogni e la nostra serenità.
Parafrasando Epitteto: ”Nessuno è libero se non è padrone di se stesso”.

A cura della Dott.ssa M.C. Bivona

2 commenti su “La manipolazione affettiva: il narcisista col dipendente”

  1. Gent.ma Dott.ssa Cristina, aggiungerei (facevo una ricerca poco fa’ sul vittimismo), che chi si sente vittima , frequentemente si rivolge al soggetto, utilizzando (invece che dire ad esempio: “tale o tal altro, fanno questo è quello”, utilizza (colui che si sente vittima), il termine “voi”. Sempre genericamente. Cioè a prescindere di quello che ritiene (l’oggetto della disputa), essere vittima, di un giudizio altrui, invece che apostrofare “tu mi fai questo..”, o tale da quello, esterna un generico “voi che avete fatto”, o ” non capite nulla di quello che provo”. Secondo me è un chiaro segnale, nel linguaggio del corpo ed in particolare in quello verbale, di manipolazione e/o di “vessazione affettiva”. Lei è d’accordo? Grazie! Paolo Danesi Cacciari.

    1. Dott.ssa Bivona

      Gent.mo Paolo
      Certamente! La tendenza a generalizzare durante un confronto è una modalità comunicativa in genere molto frequente (non solo nella manipolazione affettiva) e di consueto molto inefficace. Sarebbe meglio, quando ci si confronta, utilizzare i così detti “messaggi-Io” ossia messaggi in prima persona (piuttosto che messaggi-Tu”). Quindi cercare di promuovere comunicazioni del tipo: “Io mi sento in questo modo quando ti comporti così”, piuttosto che: “tu sei il solito…”. La ringrazio per il commento.
      Un caro saluto

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