“Dottore, sono gay?”

Come risponderebbe uno psicologo alla domanda:
“Ma secondo lei sono omosessuale?”

Le possibili risposte potrebbero essere:
a) E’ possibile che lo sia, ma non riesca ad accettarlo per paura del pregiudizio sociale.
b) Insieme potremmo cercare di dare una risposta a questa domanda.
c) Non si deve preoccupare, è normale non dare mai per scontato la propria sessualità.
Quale potrebbe essere la risposta giusta?

Prima di rispondere a ciò, vorrei sottolineare che il desiderio di scrivere questo articolo, nasce dal recente movimento all’interno della comunità scientifica, rispetto alle possibili linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone gay, lesbiche e bisessuali (LGB).

Per comprendere la questione in profondità, bisogna fare qualche passo indietro nel tempo, nel 1973, quando la comunità psichiatrica americana, dopo aver annoverato la condotta omosessuale come una psicopatologia, la tolse dal Manuale dei Disturbi Psichiatrici, per classificarla come un orientamento sessuale non patologico.

Oggi, infatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità, considera l’omosessualità come una“variante naturale del comportamento umano”.
La questione non si è chiusa all’epoca, oggi alcuni psicologi e psichiatri ritengono che l’omosessualità sia “una condizione psicofisica contorta che può essere tranquillamente riportata alla normalità” e quindi in poche parole: “l’omosessualità può essere curata”!

Di contro, coloro che non ritengono l’omosessualità una patologia, hanno cominciato a delineare eventuali strategie d’intervento per persone gay, lesbiche e bisessuali.
Ora, una domanda sorge spontanea: quali particolari tecniche terapeutiche devono essere usate nei confronti delle persone omosessuali, a differenza di quelle etero?

A mio avviso la risposta è solo una: “non esistono tecniche particolari per le persone gay, come per quelle eterosessuali”.

Aiutare una persona in difficoltà necessita della capacità del clinico di spogliarsi di pregiudizi e preconcetti, aprirsi con la “mente da principiante” nei confronti dei vissuti dell’altro, per aiutarlo a ritrovare fiducia in sé e nelle proprie capacità, per far fronte ai problemi della vita.

Tutto ciò, comporta un atteggiamento di accettazione positiva incondizionata, ossia di profondo rispetto per tutte le esperienze dell’altra persona aldilà dei differenti valori, etnie, credenze, scelte, orientamenti ecc.

L’individuo è unico e irripetibile, così come lo è la sua sessualità, che non può essere vissuta in un unico modo (omo o etero che sia), e la patologia è una condizione che può presentarsi nell’essere umano indipendentemente da essa.
Tutto ciò porta alla conclusione che è davvero difficile delineare delle linee guida nel trattamento delle persone LGB. Nonostante ciò, nella pratica clinica, un aiuto spesso richiesto, è quello di far fronte al minority stress, ossia l’insieme di disagi psicologici dovuti all’appartenere ad una minoranza spesso sottoposta a discriminazioni e pregiudizi.
Infatti, sempre più spesso sappiamo dalle cronache dei quotidiani italiani, come siano frequenti violenze e discriminazioni omofobe, che possono portare a profondi disagi in chi li vive, con forme di depressione più o meno gravi, alcune delle quali epilogano purtroppo in comportamenti suicidari.

Tali esperienze possono contribuire a rafforzare sia lo stigma percepito che l’omofobia interiorizzata.
Lo stigma percepito fa riferimento alla paura di essere identificati come gay e/o lesbiche e di conseguenza discriminati per ciò, farsi tipiche sono: “questo è accaduto perché sono omosessuale”,oppure “non devo dire che sono gay, altrimenti mi discriminano” ecc.

L’omofobia interiorizzata è invece l’insieme di sentimenti e atteggiamenti negativi, che una persona può provare, nei confronti della propria omosessualità tanto da provare per sé stessi un profondo disprezzo e vergogna.
In conclusione, per rispondere alla domanda del nostro ipotetico cliente forse, il vero compito di uno psicoterapeuta, non è tanto quello di dargli una risposta preconfezionata, ma di aiutarlo a trovare una risposta dentro di lui, aiutandolo ad esplorare sé stesso in maniera più aperta e autentica e a sentirsi a suo agio e libero di esprimersi per quello che realmente è.

A cura della Dott.ssa M.C. Bivona

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