Prendersi cura di chi si prende cura: la famiglia e l’autismo

Il disturbo autistico è una sindrome che compare nei primi anni di vita del bambino e si manifesta con la compromissione dello sviluppo sociale, difficoltà nell’uso del linguaggio e modalità di comportamento, interessi e attività, ristretti, ripetitivi e stereotipati.

Prendersi cura del proprio bambino autistico, è un percorso faticoso, che genera un carico di stresspreoccupazione e ansie su tutta la famiglia. Spesso, chi si prende cura di un figlio autistico alla domanda consueta: “Come stai?”, risponde: “Se lui sta bene, sto bene anche io!”

Dietro questa risposta può essere presente il bisogno di vedere quanto più possibile il proprio figlio sereno, tanto che a volte lui stesso, diventa il fulcro di tutto il sistema familiare. Ciò alla lunga può essere controproducente, poiché ogni membro della famiglia rischia di vivere in funzione della persona autistica, non prendendosi cura di sé e del proprio benessere. In questi casi il rischio di non riuscire a metabolizzare e gestire gli stressor tipici dell’autismo, è molto elevato.

Le principali fonti di stress per la famiglia di solito sono:

-Problemi di comportamento. La vita familiare è ben presto sconvolta da episodi di auto o etero aggressività, come pianto o riso irrefrenabili e apparentemente immotivati, grida o lancio di oggetti. Il rischio è appunto che la famiglia eviti le relazioni sociali, si chiuda in se stessa.
-Fatica e impossibilità a svolgere una vita normale. La semplice quotidianità con un bambino autistico è estremamente faticosa, ai problemi di comportamento si aggiungono iperattività, problemi di sonno e di alimentazione o chiusura e atteggiamenti stereotipati.

-Mancanza di interazione. Verso gli altri e a volte verso i familiari (anche se non è scontato) possono attivare sentimenti di rifiuto, impotenza, scoraggiamento fino a totale presa in carico della vita sociale del figlio.

-Incomprensione sociale: pregiudizio. La gente rischia di avere molto pregiudizi nei confronti dell’autismo. Tali pregiudizi spesso derivano dalla mancata o erronea conoscenza del disturbo o dalle difficoltà di convivenza che le persone vicini al bambino sperimentano.

-Incertezza per il futuro. Si fa riferimento non solo al futuro lontano (momento della vecchiaia e della morte), ma anche al futuro più prossimo (scuola) o addirittura all’indomani.

Tutti questi fattori di stress portano la famiglia a vivere sentimenti di disperazione, dolore, fatica, senso di colpa-impotenza, paura del rifiuto, ansia, che se non vengono riconosciuti e accettati posso generare una vera e propria condizione di burnout (deterioramento psicologico), che spesso è alla base di disturbi di ansia, depressivi o di somatizzazioni.

La famiglia del bambino autistico, dovrebbe mantenere il più possibile il tipo di vita e la relazioni sociali precedenti alla sua nascita. Soltanto però se ogni genitore si permette di riconoscere i propri bisogni come “persona”, e si riconosce il “diritto” di soddisfarli, allora potrà organizzarsi, avvalendosi dell’aiuto di personale competente a cui affidare il proprio figlio.

Per portare un piccolo esempio, cosi come in caso di depressurizzazione di un velivolo, un genitore deve mettersi per primo la maschera d’ossigeno e successivamente occuparsi di quella del proprio figlio, allo stesso modo, solo se un genitore ha il coraggio di fermarsi e guardarsi dentro, cercando di soddisfare i propri bisogni, allora potrà prendersi cura in “maniera sana”, dei bisogni del proprio figlio autistico.

A cura della Dott.ssa M.C. Bivona

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