Fase 2: le cicatrici del COVID-19

Tutto questo ha dell’incredibile, essere “segregati” a casa per evitare un contagio virale.

La situazione si è fatta davvero grave, se l’unica strategia per arginare un disastro umanitario e sanitario, è quella di limitare la nostra libertà individuale.

Da tutto questo non si può uscire indenni, la perdita di potere personale, la paura del contagio, dei contatti sociali e della morte per Covid-19, la diffusione mondiale del virus, lo stravolgimento delle nostre abitudini, sono degli eventi talmente forti che in qualche modo ci stanno cambiando.

La quarantena ho protetto in molti modi la nostra salute fisica, a discapito di una crisi sia economica che emotiva. Non siamo ancora fuori pericolo e dobbiamo ancora districarci nella convivenza con qualcosa che è troppo ignoto per estere gestito ed arginato.

E allora come usciremo da tutto questo? Come si sopravvive al livello psicologico ad una pandemia?

Dall’esperienza sia clinica che personale, in questi due mesi di quarantena, comunque a porte aperte (sia wireless che di legno), mi sembra di poter delineare due possibili “modi di essere”:

-I rancorosi, coloro che reagiscono alla perdita di potere personale, cercando dei capri espiatori, i colpevoli di tutto questo male, dai vicini costantemente a passeggio con il cane all’arma letale creata in laboratorio

-I resilienti che anche di fronte a tutte queste paure e restrizioni si posizionano nel bicchiere mezzo pieno, nella riscoperta di valori importanti “grazie” alla quarantena come il cucinare, la calma, gli hobby, la famiglia ecc.

Ora senza voler banalizzare tutta la complessità di una pandemia, credo che questa fase 2 sarà difficile per entrambi: sia per i rancorosi, se vorranno riprendersi il proprio potere personale che per i resilienti se vorranno che i riscoperti valori, non decadano con il ripristino della vita precedente il Covid-19.

Il mondo intorno a noi sta cambiando e se vogliamo resistere a questi urti dobbiamo muoverci in modo flessibile, senza posizioni rigide. Se da un lato dovremmo contattare la nostra rabbia e impotenza, perché è scomodo sentire che la libertà individuale dipende da quanto l’altro rispetta o meno le regole, dall’altro dovremmo contattare la nostra paura a ritornare alla vita di tutti i giorni, ad essere di nuovo risucchiati dai problemi di tempo, denaro ed energia, lavoro, traffico ecc.

I poche parole essere in contatto con le forti emozioni che la Fase 1 ha suscitato: paura, impotenza, rabbia, dolore, ansia, angoscia, solo così possiamo pensare di liberare la speranza e la creatività personale che la Fase 2 richiede.

C’è stato un tempo in cui abbiamo sofferto, stretto i denti, da oggi abbiamo carta bianca per fare si che tutto questo dolore non sia stato vissuto invano, e che tutto questo cambiamento si sviluppi verso mete personali che ognuno di noi hai il potere è il dovere di delineare.

A cura della dott.ssa Maria Cristina Bivona

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